I giornali non hanno dato conto dell’entusiasmo che si respirava alla Costituente Socialista. L’Auditorium della tecnica era strapieno, moltissimi i giovani, interessanti le proposte nelle assise che si sono definite come “le primarie delle idee”. Ecco cinque aspetti che ho apprezzato particolarmente. Il simbolo, con il coraggio di dare l’addio al garofano craxiano per adottare la rosa sul cerchio stellato del Partito Socialista Europeo. La capacità di cercare un punto di contatto costruttivo con uomini e storie diverse, anche al di là della diaspora socialista. La compostezza lucida di Boselli. Il discorso del presidente dei socialisti europei Rasmussen, che ha declinato senza imbarazzi il tema della flexicurity. La stella polare di un convinto laicismo, che pone comunque i socialisti a fianco di Pannella e della Bonino. Insomma, anche se ho subito in prima persona qualche prepotenza dei socialisti della Prima repubblica, credo che oggi si possa puntare sul nuovo partito. The new Partito Socialista celebrated yesterday its rebirth with a meeting in which its leaders showed courage, ideas and good will. My relations with the Socialists have not been easy, in the past, but I am ready to place faith on the new initiative.
Avevo un sacco di cose da fare, sabato mattina, come succede normalmente dopo una settimana molto intensa. Invece, sentita Prima pagina, il mio cuore e la mia Golf mi hanno portato all’Eur, alla sessione finale della Costituente socialista.
Con i socialisti ho sempre avuto rapporti difficili. Ho avuto la tessera del Psi per un solo anno, il 1975, dopo una lunga militanza repubblicana. Avevo lasciato il Pri per protesta contro la scelta di Ugo la Malfa di appoggiare la politica milanese dell’ex sindaco Pietro Bucalossi. Il Buca era un uomo dell’800, noi giovani sognavamo un Pri diverso, tanto che a Cinisello Balsamo avevo fondato la sezione Martin Luther King formata soprattutto da immigrati. Nel merito forse aveva ragione lui, perché avevamo idee confuse e sessantottine, ma Bucalossi non aveva pazienza coi giovani e così come altri prima e dopo, me ne andai dal Pri. Per me del resto la politica era solo passione: ero consigliere di zona del centro storico a Milano, presidente della commissione urbanistica (anche allora gli incarichi non andavano alle persone competenti), ma non guadagnavo una lira da queste attività. Com’è giusto che sia e come dovrebbe tornare ad essere, almeno a livello di municipi.
Entrai nel Psi con una richiesta d’iscrizione firmata da Bettino Craxi e Claudio Martelli: due autonomisti leader a Milano, ma che all’epoca erano in minoranza nel partito a livello nazionale. Ricordo che Craxi fu così gentile da ospitare nel suo Centro studi a Brera la presentazione del mio libro Il romanzo della Confindustria. Partecipavano alla tavola rotonda Romano Prodi, Giampaolo Pansa e Siro Lombardini. In sala ci saranno state dieci persone, ma non era certo colpa di Bettino.
Quando nel 1976 mi trasferii da Milano a Roma per dirigere la redazione del Mondo di Paolo Panerai non rinnovai la tessera perché quel tipo di giornalismo d’informazione si poteva fare certamente meglio senza vincoli politici. Nel frattempo Craxi diventò segretario del Psi, ma i nostri rapporti si raffreddarono: nei miei articoli davo molto più spazio a Claudio Signorile, suo alleato nel rovesciamento di maggioranza all’interno del Psi, ma suo avversario all’interno del partito. Era logico, perché il Mondo era un giornale economico e Signorile era il responsabile economico del Psi, ma Craxi e Martelli avevano tra i loro difetti quello di pensare che “esistono solo gli amici, i nemici e le puttane”: chi non era palesemente schierato con loro era comunque un avversario o un doppiogiochista.
I rapporti non migliorarono quando nel 1979 Giorgio Mazzanti, considerato da Craxi come un pericoloso nemico pur essendo socialista, diventò presidente dell’Eni e mi chiamò a dirigere i servizi generali del gruppo, comprese comunicazione e relazioni istituzionali. Con alcuni socialisti continuavo ad avere ottimi rapporti: per esempio Walter Tobagi (venne da me pochi giorni prima di essere ucciso dalle Br per sondare le intenzioni dell’Eni in merito al Giorno) e Ugo Intini, che non cessò mai di manifestarmi la sua amicizia. Si scatenarono invece attacchi diretti alla mia persona, giocati sulla mia presunta incapacità di difendere Mazzanti dagli attacchi che i socialisti stessi all’interno dell’Eni contribuivano a scatenare. Ricordo un titolo su Critica Sociale: Mazzanti, una brutta speronata. L’articolo mi definiva come “il repubblicano travestito da socialista, dal rado pizzetto e gli occhi di ghiaccio”. La barba me la sono tagliata quando è diventata bianca, lo sguardo è diventato più caloroso e comprensivo con l’età, ma per fortuna gli occhi non si sono sciolti.
Scoppiò la vicenda Eni Petromin (una storiaccia che da 30 anni vorrei riuscire a raccontare); io facevo il mio mestiere di comunicatore dell’Eni spiegando com’erano andate le cose e i giornalisti, così come vari politici socialisti responsabili quali Giuliano Amato e Franco Bassanini (poi passato al Pci) si muovevano con molta cautela perché non erano affatto certi dei presunti ritorni in Italia delle tangenti pagate ai sauditi per ottenere il petrolio. Il socialista Rino Formica vide in questa prudenza un’operazione di corruzione. Mi accusò in Parlamento di comprare giornali e giornalisti, costringendomi a dimostrare carte alla mano al ministro delle partecipazioni statali Lombardini che non avevo sborsato un soldo né direttamente né indirettamente.
Mazzanti perse la partita, il suo successore Alberto Grandi m’invitò a rimanere, ma io fuggii da quel lupanare e ritornai al Mondo come vicedirettore. Scoppiò lo scandalo P2. Organizzai per il mio giornale un questionario inchiesta per chiedere ai politici (parlamentari e uomini di governo) se avevano conosciuto Licio Gelli. Rino Formica, ancora lui, all’epoca ministro delle Finanze, mi attaccò in un’intervista di Corrado Paolo Guzzanti su Repubblica accusandomi di torbidi disegni. Qualche settimana dopo mi arrivò anche un accertamento fiscale nel quale mi si contestava di aver venduto foto al Secolo XIX, quotidiano per il quale avevo lavorato alcuni anni prima. Una contestazione palesemente assurda, di poche centinaia di migliaia di lire, forse un messaggio indiretto… non so.
Nonostante tutto questo, ho continuato in quegli anni a votare socialista, perché Craxi mi sembrava l’unico che aveva in mente un disegno di modernizzazione dell’Italia: un disegno che forse ci avrebbe portato ad una situazione ben migliore di quella attuale se egli stesso e i suoi collaboratori non avessero perso il senso della misura e dell’etica nei comportamenti pubblici facendosi poi macellare da Tangentopoli.
Perché racconto tutto questo? Per dire che ieri, entrando alla Costituente socialista, i miei sentimenti erano misti: da un lato la speranza di aver ritrovato una casa, dall’altro la diffidenza verso tanta parte di quella storia e i personaggi che l’hanno espressa.
Ebbene, devo dire: mi sono commosso. I giornali, mi sembra, non hanno dato conto dell’entusiasmo di quella riunione, molto più impegnati a raccontare la pioggia di coriandoli su Berlusconi e sulla Brambilla a qualche chilometro di distanza. Invece l’Auditorium della tecnica anche senza effetti speciali era strapieno, moltissimi i giovani, interessanti le proposte nelle assise che definite come “Le primarie delle idee”. Che cosa ho apprezzato particolarmente? Cito cinque punti. Il simbolo, con il coraggio di dare l’addio al garofano craxiano per adottare la rosa sul cerchio stellato del Partito Socialista Europeo. La capacità di cercare un punto di contatto costruttivo con uomini e storie diverse, da Cinzia Dato ex Margherita a Gavino Angius ex Ds, anche al di là della diaspora socialista. La compostezza di Enrico Boselli, un leader che non cerca affatto di somigliare a Craxi, ma che nel suo tono dimesso dimostra comunque forza e lucidità. Il bellissimo discorso del presidente dei socialisti europei Poul Nyrup Rasmussen, che ha declinato senza imbarazzi il tema della flexicurity, ottenendo un convinto appoggio della platea. La stella polare di un convinto laicismo, che pone comunque il Partito Socialista a fianco dei radicali di Pannella e della Bonino, nonostante il fallimento purtroppo ormai certo della Rosa nel Pugno…
Intendiamoci, potrebbe andar tutto a finir male, come spesso accade nella politica italiana. I socialisti hanno una storia fatta di litigi e di scissioni. In platea c’erano certamente anche i sopravvissuti del vecchio Psi arraffone che cercavano solo l’occasione di tornare a contare. Non tutti certo erano lì per idealismo… Ma potrebbe anche non andare così, potrebbe davvero essere l’inizio di un’altra storia.
Sapete che vi dico? Questa gente, a cominciare da Craxi, ha pagato, anche duramente, per i suoi errori. Molto più di altri. Ha idee coraggiose. Molto più di altri. Penso che sia tornato il tempo di ridargli fiducia.