E’ stata un’estate bella e movimentata, vissuta tra l’Egeo (dove è ancora la mia barca), la Toscana e vari giri per rispondere a inviti di presentazione del mio libro “I numeri della felicità”. Tra i ricordi più belli, la riscoperta di un pezzo d’Italia, dalle Isole Borromee sul lago Maggiore alla Villa Adriana di Tivoli, alla guida per dieci giorni di un gruppo di 19 persone tra miei compagni di scuola americani di 50 anni fa e relative mogli o mariti: vi assicuro che entrare a Roma con una carovana di tre pulmini Ducato e scaricare comitiva e bagagli nei pressi di Via Veneto senza perdere né un mezzo, né un americano, né una valigia è impresa non facile. Ma alla fine tutti si sono reimbarcati per gli Usa soddisfatti di aver scoperto un’Italia diversa da quella che conoscevano.

Le mie avventure in barca sono raccontate in fretta: la Turchia, dove sono arrivato in dieci anni di navigazione estiva partendo da Livorno e passando per Croazia, Montenegro, Grecia, è bella ma scomoda, anche perché la distanza rende più difficili tutti gli interventi di manutenzione. Inoltre ho commesso un errore di valutazione, pianificando il ritorno attraverso l’Egeo in piena stagione di meltemi, il vento che soffia forte d’estate prevalentemente da nordovest. Pensavo che fosse un vento termico che di notte si calmava, invece ho scoperto che il mare rimane molto mosso: si prospettava una navigazione di bolina lunga, scomoda e lenta, con una barca non perfettamente a posto e così ho preferito lasciare la costa turca, ma rimettere in cantiere la barca a Kos, nel Dodecaneso. Ci sono rimasto male, tanto da scrivere un post nel quale preannunciavo la vendita della mia amata Phileas. Poi mi sono rappacificato col mare grazie ad alcuni giorni bellissimi trascorsi con Joan all’Elba su Ninive, la barca di Eric, un navigatore vero, che ha attraversato più volte l’Atlantico. Insomma, nella prossima primavera, insciallah, riporterò la barca in Adriatico, poi si vedrà…

Sulle presentazioni del libro, da Cortina d’Ampezzo a Favignana nelle Egadi, ritornerò, anche perché quattro mesi di dibattiti sul “superamento del Pil” si prestano a molte riflessioni che credo interessanti. Qui però vorrei esporre alcune considerazioni al termine dei miei dieci giorni come “capocarovana” di un gruppo di “Nebraskans”: i mei compagni di scuola americani, tra quelli che nel 2009 avevo reincontrato alla festa dopo 50 anni dalla nostra “graduation” a Lincoln South East High School (sono stato exchange student per un anno), invitandoli a condividere con me un viaggio in Italia. Si trattava di un gruppo abbastanza eterogeneo, come è lecito aspettarsi assemblando compagni di scuola che hanno avuto vite diverse: alcuni faticavano a distinguere l’Impero romano dal Rinascimento, altri invece avevano una conoscenza dell’arte italiana certamente superiore alla mia. Ma ecco un po’ di miscellanea.

In banca. “Lei è persona politicamente esposta?” Quando mi sono sentito rivolgere questa domanda ho avuto un moto di ribellione: forse sì, nel senso che sono iscritto al partito radicale e ho firmato per l’uninominale, ma che gliene deve importare al cassiere della mia banca per darmi dei soldi? Non mi ero reso conto che il regime fosse arrivato a questo punto…

Poi in realtà ho capito che il cortese cassiere si limitava ad applicare il decreto legislativo 21 novembre 2007 n. 231 in materia di riciclaggio, in esecuzione di una direttiva della Commissione europea. Il mio gruppo di americani mi aveva fatto un bonifico unico in dollari per ridurre le spese di trasferimento finanziario internazionale. Per restituirli in euro avevo chiesto alla mia banca una somma in contanti superiore ai 5mila euro, così il cassiere mi aveva doverosamente chiesto se ero o ero stato capo di Governo, parlamentare, ambasciatore o loro familiare: l’elenco completo corrispondente alla definizione di “Ppe” è nei testi normativi. Insomma una legge opportuna, che va nella direzione della trasparenza, come l’anagrafe degli eletti sostenuta dai radicali, ma che usa una terminologia fuorviante.

In treno. E’ mai possibile che ci siano ancora treni che forniscono indicazioni automatiche sbagliate? Accade sulla linea Viterbo Roma, dove le scritte luminose segnalano la stazione già passata anziché la prossima fermata. Ricordo che mesi fa segnalai il disservizio a Innocenzo Cipolletta, che con me è socio del Club dell’Economia e che all’epoca era presidente delle Ferrovie dello stato. Enzo si mise le mani nei capelli e certamente avrà provato a intervenire. Ma non è cambiato nulla.

All’autonoleggio. Sarà perché per essere competitivi devono comprimere i costi di personale, ma noto una certa tendenza alla sciatteria nei servizi forniti ai turisti. Maggiore è certamente una delle migliori compagnie di autonoleggio in Italia, ma dei tre pulmini forniti (ed evidentemente non controllati adeguatamente) uno non si chiudeva a chiave. A Pisa finalmente ce l’hanno cambiato, ma nei primi giorni abbiamo dovuto organizzato turni di guardia al bagaglio… E non è tutto. Avendo concordato di riportare i Ducato alla stazione Termini ho scoperto che: 1) l’indirizzo indicato a Via Marsala non era assolutamente visibile e mancava qualsiasi indicazione esterna; 2) il termine di consegna era fissato entro le 22.59, ma già dieci minuti prima non c’era più nessuno allo sportello, con un cartello che invitava a riconsegnare i mezzi in garage; 3) Il suddetto garage era troppo basso per ricevere il suddetto Ducato. Sono ritornato a casa e ho restituito il mezzo il giorno dopo, ma mi chiedo che cosa avrei fatto se avessi dovuto partire quella notte.

In taxi. In genere i miei amici americani, quando hanno girato da soli, hanno trovato persone gentili e disponibili ad aiutarli. Anche le guide, per esempio quelle dei “walking tours” che hanno deciso di fare attraverso la città, erano preparate ed affabili. Non così (alcuni) tassisti romani che vedono tuttora il turista americano (o giapponese) come un pollo da spennare. Un tassista ha fatto pagare 135 euro il trasporto dal centro a Fiumicino per tre persone, quando la tariffa è invece di 45 euro fino a tre persone. Il record è stato quello di un tassista che, all’uscita dei Musei vaticani, richiesto di andare a Via Veneto, si è rifiutato di attivare il tassametro. Alle insistenze dei miei amici ha risposto invitandoli a scendere. Purtroppo non hanno preso il numero…

Gli zingari. Per fortuna nel centro di Roma non si vedono più le bande di zingarelle impunite e impunibili che circondavano i turisti per derubarli, ma una scena analoga si è svolta sul treno da Fiumicino a Trastevere: è salito un gruppo di gitani e si sono infilati tra noi e il nostro bagaglio. Per fortuna qualche passeggero aveva appiccicato ai vetri dei biglietti di avvertimento, così ho messo da parte la cortesia e con qualche urlo e spintone mi sono riavvicinato alle nostre valigie. Però contro i tassisti imbroglioni e gli altri rischi di Roma un po’ più di informazione non guasterebbe.

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