Adesso possiamo dirlo: è possibile che l’euro superi la crisi, nonostante le previsioni autorevoli e tecnicamente fondate di un suo tracollo. Ragioniamo sul testo di una mia intervista a Giuliano Amato, nella quale l’ex presidente del Consiglio dimostra capacità di visione politica e delinea il futuro dell’eurozona come nucleo propulsivo dell’integrazione europea. Un futuro che inevitabilmente imporrà una drammatica alternativa agli euroscettici, Gran Bretagna in testa: o accettare le regole comuni o uscire dall’Unione.
Ha contribuito a rasserenare il panorama europeo l’accordo raggiunto il 30 marzo in merito al Trattato sui bilanci, con l’autoesclusione della Gran Bretagna e della Repubblica ceca. Insieme al nuovo clima di fiducia verso il governo italiano, pedina essenziale per la tenuta della moneta comune, induce a pensare che alla fine nonostante tutto l’euro ce la farà, contrariamente alla previsione di numerosi esperti. Sarebbe l’ennesima riconferma in economia della metafora del calabrone, l’insetto che secondo le leggi naturali non dovrebbe essere in grado di alzarsi in aria, eppure vola.
E’ interessante osservare che molti tra i maggiori economisti avevano profetizzato il declino della moneta unica: è questa per esempio la tesi di Paolo Savona, uno dei più autorevoli conoscitori della realtà italiana ed europea nel suo ultimo libro “Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia” . Savona sostiene l’opportunità che l’Italia si liberi dal “cappio dell’euro”. E non è un mistero che anche all’interno della Banca d’Italia numerosi dirigenti fino a pochi giorni fa davano l’euro per spacciato. Forse esiste una specie di miopia degli esperti, attenti a valutare tutte le implicazioni delle leggi economiche, ma che finiscono col perdere di vista la dimensione politica della partita che si sta giocando e che ha fatto sì che comunque alla fine i capi di stato e di governo abbiano dovuto in qualche modo trovare una via d’uscita dalla crisi.
Proprio perché fotografa questa dimensione politica della crisi mi sembra interessante in questo momento rileggere il testo dell’intervista che Giuliano Amato mi ha rilasciato per la rivista East, pubblicata sul numero 39 del dicembre 2011, (l’ultimo a firma di Vittorio Borelli, che ha saputo ideare questa rivista e consolidarla nel corso degli anni, ed al quale auguriamo nuovi brillanti impegni editoriali). Amato è un grande esperto di Europa, anche perché ha avuto un ruolo essenziale nei lavori preparatori del Trattato di Lisbona, che dal 2009 regola la governance europea.
Incontrai Amato a Roma, nel suo bell’ufficio di Presidente della Treccani, il 31 ottobre. La crisi dell’euro era nel pieno della sua virulenza. Inevitabile la prima domanda: “Presidente, come andrà a finire?”. Mi sorprese, perché, pur riconoscendo che l’area euro avrebbe potuto sfasciarsi nel giro di poche settimane, portò il discorso più in là, su quelle che sarebbero state le conseguenze dell’auspicabile superamento della crisi. In altre parole: nel guado non si può rimanere e si rischia di essere travolti dalle acque impetuose delle tempeste finanziarie, ma se si riesce ad andare oltre avremo un’Europa diversa, con regole più stringenti, meglio attrezzata per affrontare il nuovo secolo. A quel punto, e questa è la parte più stimolante del ragionamento dell’ex presidente del Consiglio, l’integrazione più stretta dei Paesi dell’area euro si estenderà agli altri Paesi dell’Unione europea disposti ad aderirvi e finirà per tagliar fuori chi invece non accetta le regole comuni. I paesi riottosi saranno posti “di fronte all’alternativa: o fai come gli altri o quella è la porta”, anche grazie al fatto che nel trattato di Lisbona esiste “una clausola di secessione che prima non esisteva”.
Insomma, di fronte al rilancio della moneta comune dovrà essere la Gran Bretagna con gli altri Paesi euroscettici a decidere se adeguarsi oppure affrontare da sola “la tempesta perfetta” dei prossimi vent’anni.
Il testo dell’intervista di Amato è disponibile anche in inglese.