Dopo otto anni nei quali il mio impegno di giornalista si è espresso soprattutto attraverso gli editoriali della newsletter dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), che ho firmato quasi tutte le settimane, e nella gestione dei siti dell’Alleanza,, ho deciso di far rivivere il mio sito personale, che non aggiornavo dal 2020, ed impegnarmi maggiormente nella comunicazione attraverso i social.

Ci sono molte ragioni per questa scelta. La prima è anagrafica: avendo ormai compiuto 82 anni desidero essere più libero di scegliere i temi a cui dedicarmi senza che qualunque mia posizione venga interpretata come se io fossi il portavoce di un movimento. Tra l’altro l’ASviS in questi otto anni è cresciuta in modo incredibile, oggi raccoglie oltre 300 associazioni impegnate nella realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu (una scommessa sempre più difficile, ma che non va abbandonata) ed è giusto cedere il passo anche nella scrittura dei commenti a colleghi più giovani, come del resto ho fatto da tempo nella gestione della Redazione. Per me è stata un’esperienza bellissima e ricordo con gratitudine che l’Alleanza mi ha voluto dedicare un piccolo volume che raccoglie alcuni degli editoriali che ho scritto in questi otto anni, con una introduzione di Flavia Belladonna, che ha preso il mio posto alla testa della Redazione, con parole che mi hanno davvero commosso.

Sono anche contento di continuare a essere un “esploratore del futuro” come responsabile del sito futuranetwork.eu che l’ASviS con altri istituti di Future studies ha costituito per gettare uno sguardo oltre il 2030. Il lavoro svolto finora è condensato di un volume totalmente accessibile online dal titolo “Mille schegge di futuro, che offre una guida a tutti i materiali pubblicati da quattro anni a questa parte: focus di approfondimento, interventi di esperti, segnalazioni di studi, contributi di blogger.

Mi considero molto fortunato, alla mia età, per la mia salute, la solidità dei miei affetti familiari, la modesta tranquillità economica di cui godo. Non posso nascondermi però che la mia vista sta peggiorando. Non sto ancora diventando ipovedente, ma tutto è rallentato: per un giornalista abituato a macinare centinaia di pagine in italiano e in inglese con metodi di speed reading dove invece compitare riga per riga o ascoltare letture audio (che per fortuna molti giornali offrono, dal Corriere della Sera all’Economist) è inevitabilmente più lento. Da qui la necessità di scegliere, concentrarsi, dedicarsi a ciò che più conta.

Già, ma che cosa conta davvero? Certamente appartengo alla vecchia scuola, basti pensare che sono diventato giornalista professionista sessant’anni fa, ma dichiaro tutta la mia indignazione di fronte al modo nel quale si fa politica oggi: la montagna di informazioni false, ma anche l’ipocrisia di dichiarazioni fatte solo per ragioni strumentali, senza nessuna effettiva volontà di contribuire a un dialogo costruttivo. Nella mia vita ho attraversato molte delle principali vicende italiane dal ’60 a oggi, non sempre capendole nel loro svolgimento, ma cercando sempre di evitare gli atteggiamenti faziosi. Sono fondamentalmente un laico di centrosinistra, proveniente dalla scuola di Ugo La Malfa, mai attratto dalle sirene comuniste e meno che mai da quelle della destra, oggi vicino a molte battaglie radicali. Nel mio piccolo, mi piacerebbe portare una parola di buon senso nel dibattito politico magari anche attribuendo ogni tanto qualche “Oscar dell’ipocrisia” a chi a destra o a sinistra prende in giro l’opinione pubblica.

Sono presente sui principali social ma non li ho mai amati. Però devo arrendermi all’evidenza: oggi per una larga parte dell’opinione pubblica soprattutto quella più giovane, i social sono determinanti nella formazione delle opinioni. Funzionano con un meccanismo perverso che ti spinge a vedere soprattutto l’opinione di chi la pensa come te, però non si può lasciare il campo soltanto ai “leoni da tastiera”. Forse anche qui qualche parola di buon senso, per quanto faticosa, non guasterebbe. Non credo che avrò la forza di diventare un “influencer”, ma in giro c’è un po’ di gente che mi apprezza e spero di aprire qualche dialogo interessante.

Ecco, vi ho dichiarato le mie intenzioni in questo personale “ritorno al presente”.  È come partire per un lungo viaggio con una vecchia macchina, seppure ben revisionata, nella speranza, fuori di metafora, che la vista, i neuroni, l’energia, la salute in generale non mi abbandonino. Con i miei coetanei ci diciamo che a quest’età è importante cogliere il bello che può offrirti ogni giorno. Attenzione però: per chi è sempre vissuto di progetti ambiziosi, il carpe diem non si traduce soltanto nel cogliere l’attimo, ma nel partecipare a qualcosa che meriti una frazione del proprio tempo residuo. E tanto meglio se da questo “qualcosa” verrà fuori un piccolo frutto utile, in sintonia con tutto quello che deve cambiare per lasciare un mondo “decente” alle nuove generazioni.

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